di Amelia De Lazzari
Venezia, 18 dicembre 2020
Ore 7:30 all’imbarcadero di Piazzale Roma in attesa che arrivi il vaporetto per raggiungere Riva dei 7 Martiri, dove troverò la nave Dallaporta e miei colleghi Mauro Bastianini, Fabrizio Bernardi Aubry e Marco Pansera.
In Laguna non c’è più il silenzio che ha accompagnato la partenza e l’arrivo della nostra prima campagna, ma non c’è neppure il traffico di mezzi che generalmente la caratterizza in questo periodo a pochi giorni dal Natale. Strana atmosfera che porta i miei pensieri a qualche mese fa, al periodo del primo lockdown e al mese di maggio, quando nel giro di pochi giorni ci siamo organizzati per iniziare il progetto Snapshot.
La prima campagna sembra lontana, e questa è già la quarta, e siamo alla fine di questo particolare anno, bisestile e gemellare.
La nave è già arrivata, attraccata alla Riva dei 7 Martiri come le altre volte. Tutto intorno il silenzio che preannuncia un altro lockdown.
Il Veneto era in zona gialla, ma presto ci tingeremo di rosso, come gran parte dell’Italia. Tutto chiuso per limitare i contagi che ultimamente sono aumentati, nella speranza che passi tutto presto e il nuovo anno ci porti un po’ di normalità.
Insieme a noi di ISMAR Venezia ci sarà il collega Mireno Borghini di ISMAR La Spezia, che sono felice di ritrovare visto che è passato un po’ di tempo dall’ultima campagna condivisa insieme sulla Dallaporta.
Non appena il comandante avrà espletato le pratiche con la Marina Militare, la nave ci porterà sul delta del Po.
…Si parte e in qualche ora saremo a destinazione. Il mare è buono mentre il cielo, fino a poco fa azzurro- grigio e inframmezzato di sagome di nuvole, ora si è fatto bianco grigio e piuttosto omogeneo.
Fra poco più di mezz’ora arriveremo sulla stazione SN1, la prima che incontriamo andando a Sud, quella che bacia la punta della cuspide che costituisce il delta del Po.
Abbiamo caricato tutto e sistemato ogni cosa, pronti a ritrovare gli spazi che abbiamo lasciato l’ultima volta, anche se da giugno molti colleghi si sono succeduti con tanti interessanti progetti e hanno campionato e/o misurato questa parte di mare che è l’alto Adriatico.
Infatti, a giugno anche la seconda campagna Snapshot è stata fatta sulla Dallaporta, mentre per la terza, che si è svolta a settembre, si è dovuti ricorrere a un’altra imbarcazione. Durante quest’ultima i colleghi Fabrizio Bernardi Aubry, Mauro Bastianini e Marco Pansera erano usciti in giornata per il campionamento e io invece ero rimasta “in base” pronta, al loro ritorno, a processare parte dei campioni raccolti.
Ci organizziamo velocemente per installare la strumentazione necessaria sia all’interno che all’esterno, ma prima di essere presa dal vortice affiggo un testo che mi fa piacere avere durante la mia permanenza sulla nave, lo appendo sulla porta della cambusa che si trova nel laboratorio umido dove io opererò. È un’abitudine che ho da quando mi sono imbarcata la prima volta tantissimi anni fa; di poesie, brani di prosa, canzoni, quanti ne ho raccolti in questi viaggi! Questa volta con me ho portato uno stralcio tratto dal romanzo “Mediterraneo. Mare interiore” di Manuel Vicent, che recita così: “Non sei altro che un po’ d’acqua salata. In questo consiste la tua sostanza. L’umanità è una forma diversa di mare, e la saggezza deriva dal conoscere o esplorare proprio il mare che ognuno di noi si porta dentro”. Così ogni tanto tra un bidone di acqua e l’altro mi giro e scorgo qualche verso che mi fa compagnia nel turbinio della campagna.
Ma torniamo alle tante azioni che si compiono quando si deve installare e controllare la strumentazione per cominciare a lavorare.
A poppa, Mauro Bastianini e Mireno Borghini stanno collegando la sonda multiparametrica CTD al computer per l’acquisizione dei dati e preparando le bottiglie Niskin per il campionamento dell’acqua. Bottiglie che verranno calate in acqua in ogni stazione per campionare alla quota di fondo, mentre con un secchio si raccoglierà l’acqua superficiale.
Bottiglia Niskin (con Mauro Bastianini) Profili da sonda CTD
La sonda multiparametrica viene utilizzata per la registrazione di temperatura, salinità, pressione, torbidità e con altri appositi sensori anche fluorescenza, pH e ossigeno disciolto, lungo profili verticali in colonna d’acqua.
Lo strumento viene calato dalla nave, a dritta nel nostro caso, mediante verricello. Quando la sonda viene calata in acqua, un collega da una postazione del laboratorio strumentazione, via walkie talkie, dà indicazioni a un membro dell’equipaggio che aziona all’esterno il verricello.
Il computer collegato, in silenzio, registrerà i dati a mano a mano che la sonda scende lungo la colonna d’acqua e ci restituisce i profili delle variabili che andiamo a misurare. Le variabili che la sonda misura sono registrate in continuo e con molto dettaglio.
Per una valutazione qualitativa della torbidità o trasparenza dell’acqua useremo invece il Disco di Secchi.
Un disco circolare, di solito di 20-30 cm di diametro, bianco o a quadranti bianchi e neri, inventato nel 1865 da padre Angelo Secchi, che lo utilizzò per la prima volta durante una crociera della pirocorvetta “Immacolata Concezione” nel Mar Mediterraneo.
Questo disco viene immerso legato a una fune metrata finché non lo si riesce più a vedere; ecco quel punto in cui scompare alla vista, diventa la misura del grado di trasparenza dell’acqua.
A poppa, Marco Pansera sta organizzando gli spazi per poter poi usare agevolmente il retino per il campionamento dello zooplancton che verrà raccolto solo in alcune stazioni tra quelle programmate.
Disco di Secchi Retino per il campionamento dello zooplancton (con Marco Pansera)
Sempre a poppa Fabrizio controlla che tutto il materiale per campionare nella prima stazione sia stato preparato e poi passa in laboratorio “secco” a preparare gli statini “riassuntivi”, dove verranno segnate le attività per ogni stazione, l’elenco dei campioni prelevati per le successive analisi, l’orario di inizio e fine campionamento, le coordinate delle stazioni ed eventuali note. Ognuno di noi poi redigerà gli statini per i singoli parametri via via che si procede. I campioni d’acqua verranno in parte filtrati direttamente in nave e in parte stoccati per essere “lavorati” in laboratorio, mentre tutto il restante materiale raccolto verrà analizzato successivamente nei vari laboratori di competenza.
controllo bottiglie e materiale per campionamento (con Fabrizio Bernardi Aubry) Compilazione statini Rampa di filtrazione
Nel laboratorio umido, io invece comincio ad allestire gli apparati di filtrazione e a “ricostruire” il percorso di tubi e tubicini di ogni sorta che sono collegati tra di loro, a una pompa a vuoto, piuttosto rumorosa, e a un “polmone” o a una beuta dove si raccoglie l’acqua filtrata.
Inizia il campionamento …
La prima stazione delle 11 che campioneremo è la SN1. La sonda è pronta per essere immersa.
E’ Mireno a dirigere le azioni dal laboratorio strumentazione. Via walkie talkie trasmette le indicazioni al direttore di macchine Paolo, che si trova al verricello, e contemporaneamente Mauro “accompagna” lo strumento verso l’esterno finché non entra in acqua. La sonda incontra per prima l’acqua e immediatamente ne registra le sue caratteristiche (temperatura, salinità, torbidità, ecc.). La stessa operazione viene eseguita con la bottiglia di campionamento per raccogliere l’acqua della quota di fondo, mentre la quota superficiale viene campionata con un secchio.
Foto da satellite-Delta del Po: stazioni di campionamento Acquisizione dati da sonda (Mireno Borghini).
Non appena secchio e bottiglia tornano “a bordo”, tutti insieme, ma mantenendo le distanze di sicurezza, ci si avvicenda per il campionamento. Questa volta anche senza guanti, non obbligatori come durante la prima campagna, ma sempre con le mascherine, oramai parte di noi, che dobbiamo ricordarci di cambiare almeno ogni 4 ore perché la protezione sia efficace.
Fabrizio, Mauro e Marco sembrano avere più mani per riempire le tante bottiglie, piccole e grandi, fatte di materiale diverso (vetro o plastiche diverse) e di differente colore a seconda del tipo di parametro che poi si andrà ad analizzare su quel campione. Alcune bottiglie vengono subito conservate in freezer, altre a temperatura ambiente a poppa e altre ancora sono solo dei contenitori per un campione d’acqua che viene filtrato a bordo.
La prima bottiglia da riempire è quella per il carbonio organico disciolto (DOC). Poi per ottenere il campione per la determinazione dei nutrienti si filtra dell’acqua, direttamente dalla bottiglia di campionamento, con una particolare siringa dove è alloggiato un filtro che verrà successivamente analizzato. A ruota si raccolgono i campioni per le analisi di microinquinanti organici, microinquinanti inorganici, citofluorimetria, zooplancton e fitoplancton, che verranno successivamente eseguite nei vari laboratori.
I campioni che vengono invece processati a bordo sono quelli per il carbonio organico particellato (POC), gli isotopi stabili del carbonio (δ 13C), la clorofilla (CHL a), il DNA ambientale (eDNA) e la biodiversità microbica. L’acqua campionata per ogni parametro viene filtrata su appositi filtri con diversa porosità, che vengono poi conservati in freezer e successivamente analizzati in laboratorio.
Il campione ad occhio nudo a volte sembra trasparente o poco torbido, ma quando lo si versa nel contenitore (campana) che poggia sul filtro, ecco che piano piano rilascia la sostanza che era in esso presente e il filtro si colora . L’acqua, dopo avere lasciato sul filtro la quantità di materiale che portava con sé, continua il suo percorso attraverso i tubi del sistema di filtrazione, viene raccolta in un contenitore e poi riversata in mare.
I gesti si ripeteranno così per ogni stazione, in silenzio a volte, altre chiacchierando o scherzando. Le stazioni così si rincorrono, i campioni aumentano e il tempo vola.
E’ già pomeriggio e per un po’ci fa compagnia un cielo rosato che in pochi minuti si trasforma e meraviglia gli occhi.
Verso le 19:00 Vincenzo, il bravissimo cuoco della Dallaporta, ci avvisa, con un suono di trombetta, che la cena è pronta e così facciamo finalmente un’altra breve pausa dopo quella del pranzo. La cena non dura molto e si ricomincia quasi subito con l’intenzione di lavorare fino a tardi dato che il mare è buono, e così domattina rimarrà solo qualche stazione per ultimare il nostro lavoro e la campagna si chiuderà.
La mattina del 19 il profumo del caffè ci richiama in sala mensa, dove tutti insieme condividiamo la colazione prima di cominciare il lavoro. L’arrivo nella stazione S1, la penultima, è previsto per le 7:00, e poi l’attività terminerà poco più a Est con il campionamento sulla S2.
Le bottiglie sono pronte e così gli statini e i sistemi di filtrazione. Mireno prende posto in laboratorio strumentazione per guidare gli ultimi campionamenti e all’esterno l’equipaggio si prodiga per dare una mano.
Non ci sono state tante pause in questi quasi due giorni e poche parole si dono dette, ma l’equipaggio e forse anche noi non vediamo l’ora di chiudere, giustamente, questo particolare anno. Dopo di noi ci sarà un altro gruppo di lavoro, ma per Natale qualcuno dell’equipaggio riuscirà a tornare a casa qualche giorno, altri invece rimarranno di guardia sulla Dallaporta.
Mentre si va, il mio sguardo abbraccia per un attimo i laboratori e poi l’area esterna a poppa e fa un’istantanea (snapshot!) dello spazio della nave dove abbiamo lavorato a “stretto contatto”. Vedo una moltitudine di oggetti, attrezzi, contenitori e altro, ai quali si affiancano guanti sterili da laboratorio, mascherine, caschi da lavoro, guanti da lavoro, cerate, salvagente, e tanto altro. Tante cose estranee ai più ma a me molto familiari.
Si ritorna a Venezia. E mentre la nave punta a Nord, cominciamo ad organizzare nelle tante casse tutto il materiale e la strumentazione che ci ha permesso di lavorare. Piano piano, ogni laboratorio si svuota e le nostre casse si riempiono. Lasciamo in ordine la nave per quelli che dopo di noi si imbarcheranno e poi cominciamo a salutare, a fare gli auguri al comandante e all’equipaggio, e con un abbraccio virtuale, a portarci tutti insieme già nel nuovo anno sperando di ritrovare (finalmente) un po’di normalità.
Grazie a noi e a loro per l’ottimo lavoro.
Ho letto tutto con molto interesse. Ho trovato molto suggestivo il racconto di viaggio soprattutto purché evoca i diari dei vecchi capitani delle navi nei tempi antichi. Molto scorrevole, dettagliato e accessibile a tutti nonostante i dettagli tecnici. Unica nota che potrei suggerire, è che forse si potrebbe inserire dei link nelle parole che riguardano gli strumenti, che riportassero a delle foto degli strumenti stessi, con la spiegazione del loro utilizzo, una sorta di legenda.
Comunque complimenti!
Che testo interessante!
Si legge bene, è scorrevole, fa sognare.
Si riesce, un po’, davvero a immaginare il lavoro che viene svolto quando partite con la nave, grazie anche alle belle foto che corredano lo scritto.
Questo racconto mi ha ricordato un po’ il libro “Il deserto dei Tartari”, di Dino Buzzati: in entrambi, infatti, ci sono silenzi, attese, suggestioni. Silenzi, luce, colori, strumenti di lavoro, dettagliate descrizioni (mi è rimasto impresso il racconto del disco di Secchi, per verificare la limpidezza/torbidità dell’acqua).
Complimenti. E’ davvero bello poter stare un po’ accanto a voi, mentre svolgete l’importante lavoro di ricerca sulla condizione delle nostre acque!
Nel leggere queste righe provo la leggerezza della fuga via mare e il metodo competente dell’analisi che fa parte delle attività di ricerca. Credo sia un privilegio poter osservare e monitorare la natura perché ti permette di conoscerla e amarla insieme, per quello che è, con le sue preziosità e i suoi punti critici. Vedo uomini e donne collocarsi in una giusta dimensione e andare alla scoperta dell’Universo. D’altra parte potremmo tutti dedicare la vita a questo, a trovare le meraviglie di un mondo scontato, eppure ancora molto misterioso. Sappiamo che lo stiamo danneggiando eppure sappiamo anche che saremo noi a soccombere, coscienti e stupidi insieme. L’unica speranza è che fra consapevolezza e idiozia ci sia un varco possibile per una forma di sopravvivenza riservata a chi rispetta il miracolo della biologia.
Ho trovato molto interessante osservare come la narrazione cronologica dei fatti (ad esempio l’arrivo della nave oceanografica Dalla Porta e la tua salita a bordo) si è alternata a descrizioni vivide dell’ambiente circostante (come Venezia alle sei del mattino). Il tutto è stato reso ancor più coinvolgente dalle fotografie che corredavano i paragrafi; ho avuto quasi la sensazione di essere davvero lì con voi. Ho apprezzato anche il fatto che la spiegazione della vostra impresa scientifica sia stata assolutamente chiara e di facile comprensione; penso non sia facile trattare temi scientifici in modo che tutti possano capirli. Una volta terminata la lettura, la prima cosa che ho pensato è stata “mi piacerebbe davvero molto prendere parte ad un progetto simile una volta nella vita”! Un’esperienza che si allontana del tutto dalla mia realtà quotidiana, ma che proprio per questo mi affascina. Inoltre, ritengo che questo progetto sia stato molto utile perché ha richiamato la mia attenzione su un tema che forse spesso ho un po’ trascurato nei miei pensieri, ovvero lo stato di salute delle nostre acque.
Gentile Amelia, ho letto con piacere i tuoi racconti delle giornate di lavoro, svolte in occasione delle uscite in mare, per l’espletamento dei Vostri importati progetti. Innanzitutto devo dirti che scrivi molto bene e i racconti sono molto scorrevoli. Non solo mi è sembrato di leggere una sorta di “diari di bordo”, ma li ho trovati pregni di informazioni che, solo in parte, hanno saputo lenire la mia ignoranza in materia. Ma ti dirò, mi sono lasciato trasportare dalle tue parole, ed essendo io un anonimo appassionato di mare, ho vissuto un viaggio immaginario sulla vostra nave, tanto sei riuscita a coinvolgermi. Naturalmente dai tuoi pensieri traspare inconfutabilmente quanta passione e interesse tu riponga in questo lavoro, dal quale sicuramente, mi pare di intuire, non si possono trarre solo meri dati tecnici ma delle vere e proprie riflessioni sui comportamenti umani e su come dovremmo avere molto più rispetto dell’ambiente che ci circonda, magari partendo da semplici gesti quotidiani. Grazie perché le tue narrazioni mi hanno trasmesso anche un momento di serenità.
Rimango in attesa di leggere altre tue testimonianze.
Trovo questi racconti molto scorrevoli, gli argomenti trattati sono molto interessanti e istruttivi. E’ spiegato bene lo scopo dei viaggi, per includere anche i lettori che magari non sono familiari a questi temi. Mi hanno colpito molto le descrizioni dell’atmosfera in nave, perché un po’ mi sembrava di essere lì con voi … Inoltre, le descrizioni introspettive che accompagnano le varie informazioni, spingono chi legge a riflettere.
Un diario appassionato e appassionante! Molto tecnico ma a tratti anche tanto intimo. Bellissima la citazione dal libro “Mediterraneo. Mare interiore” di Manuel Vincent. Interessante la descrizione del disco di Secchi, molto semplice ma così ingegnoso! E anche tutte le altre strumentazioni; davvero un mondo da scoprire per chi non è dentro a queste cose!
Tanta dedizione, passione, determinazione e un amore immenso come il mare appunto.
Si può amare il mare in tanti modi diversi… prendersene cura è sicuramente il più nobile. Un grande lavoro! Bella l’idea di scrivere questa esperienza così fuori dall’ordinario in tanti sensi. Grazie a tutte e a tutti!
Uno speciale mix tra scienza e poesia, tra impegno professionale e romanticismo, grazie Amelia per averci mostrato con occhi nuovi il mare e la sua acqua. Da fare leggere a tutti. E complimenti alle squadre d’Italia!
Un bel racconto che mi fa pensare alla bellezza dell’andar per mare, con uno scopo di ricerca sia della natura che interiore…e l’odore del mare, e il rumore del mare. Complimenti alla scrittrice che mi ha saputo trasmettere l’amore per il suo lavoro, per il mare, per la narrazione e la divulgazione. Trovo infatti che questo testo sia di grande valore per avvicinare tutte le persone al mondo della ricerca marina e per assaporarne un po’ il gusto. Grazie Amelia!
Gentile Amelia, il diario di bordo è stato molto interessante e di immediata lettura.
La componente scientifica, con la descrizione puntuale dei campionamenti, ben si unisce con la descrizione dell’ambiente e del “clima” a bordo.
Trapela un ottimo lavoro di squadra.
Buon lavoro.
Un racconto che mi ha permesso di viaggiare per qualche momento insieme a voi. Portandomi alla curiosità e alla conoscenza di un’insieme di gesti, compiuti con le vostre mani, tra raccoglitori d’acqua, provette, filtri. Mi ha risvegliato una consapevolezza maggiore verso l’immenso Mare pulsante di vita, della quale noi ne siamo parte. Lettura da divulgare nelle scuole dove l’animo dei bambini può sicuramente cogliere la meraviglia del racconto, attraverso la sperimentazione e l’avventura.
Grazie cara Amelia
Cara Amelia,
bel diario, finalmente si capisce veramente cosa “ricercano” i ricercatori che vanno per mare e la passione che mettono nel loro lavoro.
Grazie,
Martina
Ciao Amelia,
ho letto il tuo piccolo diario che racconta alcuni scorci del progetto snapshot. Leggere quello che senti e che hai descritto era come essere presenti a questa esperienza. Molto interessante il progetto e grazie per avermi dato la possibilità di conoscere un pò da vicino il tuo lavoro.
Ho trovato molto suggestive le parti del diario che descrivono Venezia, il mare e i colori del cielo, alla partenza e al ritorno. Il racconto della raccolta dei vari campioni è affascinante, anche se ci sono molti termini “tecnici”: mi da l’impressione di un “meccanismo perfetto” dove tutti svolgono il loro compito con competenza e precisione.
Un testo bello e completo che entra nel dettaglio della vita scientifica in mare. Importantissimo confrontare la percezione del mare di chi lo vive per altri motivi e di chi lo studio.
Cara Amelia, è un bellissimo racconto di un vero e proprio diario di viaggio; lo stile nella descrizione dell’atmosfera della città di Venezia, dei preparativi e del campionamento mi ha fatto sentire partecipe di questo momento e percepire la tua passione per questo lavoro (oltre che una gran voglia di andar per mare). Grazie!
Cara Amelia, io e mia mamma Agnese abbiamo letto con interesse i tuoi diari di bordo, si percepisce forte la passione per il nostro mare e per il suo ecosistema e la preoccupazione che lo sfruttamento antropico vada a distruggere la sua bellezza. Questi lock-down visti dal punto di vista della natura, sembrano una boccata d’ossigeno e forse un pò tutti noi lo speriamo, nonostante le nostre preoccupazioni per la salute e per l’economia.
Partire dalla nostra Venezia e prendersi cura del nostro mare con la dedizione di una mamma scienziata, che meraviglia !
Leggerò con molto interesse anche i risultati delle vostre indagini, se davvero il nostro mare ha beneficiato di questi lock-down come credo tutti noi ci auguriamo!
Buon lavoro !
una bella finestra sul mare..
mi ha colpito in particolare l’azione del filtraggio dell’acqua..
richiama un pò il nostro quotidiano .
Dovremo spogliarci un pò di più dalle cose inutili senza la pulsione dell’accumulo compulsivo..
lasciarsi filtrare e ripartire più leggeri..defaticati..
Grazie Amelia per avermi fatto vivere, attraverso le tue parole, l’atmosfera e i fatti legati ai campionamenti in mare, dei quali ho spesso sentito parlare ma non ho mai sperimentato in prima persona. Bello sarebbe stato includere anche campionamenti su animali vertebrati nell’ambito di Snapshot, anche se comprendo i limiti legati al disegno di campionamento, la mancanza di dati pregressi, e le difficoltà associate alla raccolta di dati su vertebrati. Grazie e buon lavoro!
Amelia
Interessante! Capisco cosa fai per lavoro. Devi anche mettere i video. Le foto sono belle e informative. E ti fanno venire voglia di andare con te. Quando sarà il prossimo viaggio?
A presto !
Philippe
Trovo molto utile questo piccolo diario di bordo. La descrizione, pur semplice, è tuttavia molto dettagliata e ci fa capire l’enorme impegno dei ricercatori durante queste campagne di campionamento. E anche questa volta il racconto mi ha consentito di salire a bordo e di lavorare un po’ con voi…! Ed il lavoro non manca. Belle anche le foto.
Un testo emozionante nella sua semplicità, che fonde il lato tecnico con quello umano, la professionalità con la passione, l’esperienza con le sensazioni.
La ricerca scientifica viene spesso giudicata asettica e impersonale, mentre la componente emotiva è parte integrante di essa, dei suoi operatori e dei progetti. Qui traspare l’intima dedizione di chi non ha perso l’entusiasmo per il proprio lavoro e desidera trasmetterlo al prossimo.
Bella visione a 360° della campagna, complimenti!
Difficile mettere per iscritto i pensieri e le emozioni di questo diario.
A tratti fa venire invidia per i paesaggi che vengono descritti,a tratti un po’ “difficile” da seguire nella descrizione lavorativa.
Però tutto fa percepire la grande passione per questo lavoro e questo progetto
Un Diario di Bordo molto suggestivo e autentico, dove si può cogliere l’impegno, la complessità del lavoro, la bellezza degli ambienti costieri navigati e l’umanità degli operatori.
La campagna di indagine è raccontata con minuzia e dovizia di particolari in modo del tutto accessibile anche per i non addetti ai lavori. Emerge così il rigore delle attività svolte, condotte secondo specifici protocolli di campionamento, in un contesto descrittivo dalle morbide e calde sfumature poetiche che apre spazi immaginativi inaspettati e armoniosamente risonanti con i ritmi del mare e la bellezza della natura e dei paesaggi circostanti.
Grazie all’autrice, è stato possibile sentirsi compagni di viaggio in questi interessanti snapshots alla ricerca di risposte importanti.
Buon lavoro!
Un testo scorrevole che ti fa scivolare nelle giornate di bordo ed immergere in un mare che ci manca sempre.
Profondità da salvaguardare, vite sconosciute affascinanti e persone dedite, innamorate del proprio lavoro.
Stuzzicanti racconti che mettono fame di saperne di più.
Avrei voluto più foto, più grandi, magari dei video, più argomentazioni tecniche, assaggi della vita marina e curiosità di quel meraviglioso mondo sconosciuto, della vita dei tecnici di bordo, delle loro fatiche e paure. Adesso sono più che mai curioso di saperne di più.
Spero che questo progetto venga ampliato e diffuso perché è un’idea fantastica.
Mi è veramente piaciuto questo progetto chiaramente diretto a far conoscere alle persone il lavoro dei biologi che con passione lavorano ogni giorno senza che la gente sappia del loro impegno e di quanto sia importante il loro lavoro per la salvaguardia dei mari.
Persone normali, madri e padri di famiglia che dividono la loro vita ed il loro tempo nel dedicarsi a progetti importanti, quasi sempre sconosciuti, per salvare l’ambiente naturale ormai in grave pericolo.
Più che consigli e/o critiche mi sento di voler ringraziare queste persone che lasciano la loro vita e le loro famiglie per noi tutti e per il futuro dei nostri figli.
Molto piacevole, chiaro e coinvolgente. Giusto equilibrio tra aspetti tecnici ed aspetti umani. Esperienza preziosa da condividere con altri ricercatori e persone “normali”. Il testo infatti può dare un’immagine degli scopi, dei modi di lavorare, ma anche di apprezzamento della natura, della bellezza e dell’intensità di pensiero che può avere la ricerca.
Se restano i termini tecnici più difficili cercherei di chiarirli, come fatto per il disco, il retino, ecc.
Anche le foto sono efficaci e ben coordinate con il testo.
Foto molto efficaci e coinvolgenti. Parlano quasi più dei testi.
Farei una selezione delle foto con strumenti poco comprensibili per il pubblico comune.
Ciao Amelia, bella l’idea di scrivere un diario di bordo relativo ad un’attività scientifica: restituisce una dimensione emotiva e suggestiva a quello che potrebbe altrimenti essere visto come un freddo resoconto tecnico. Un diario di questo genere aggiunge ad una descrizione rigorosa di una procedura di ricerca, un altro tipo di sguardo, spesso trascurato: quello più umano. Il valore più grande di questo resoconto forse risiede proprio in questo, cioè nel mostrare l’altra faccia di questo lavoro, che forse è proprio ciò che ha spinto te ed altri ricercatori a sceglierlo. Un racconto di questo tipo si presta ad avvicinare le persone al mondo della ricerca sul campo e alla natura. Potrebbe coinvolgere studenti, anche molto giovani. Catturando l’attenzione con la dimensione del racconto di viaggio, durante la lettura si trasforma e ci fornisce informazioni anche tecniche. Sarebbe bello poter accedere direttamente anche ad una descrizione semplice degli strumenti e delle procedure utilizzate, in modo che alla fine del racconto ci si senta oltre che appagati, anche un po’ più informati.
Alla prossima puntata!
Ciao Amelia, questo tuo racconto mi immerge nella bellezza del tuo lavoro, mi da modo di capire dettagliatamente quanto difficile ed impegnativo possa essere, si capisce anche però, che di fronte al fascino della natura che vi circonda e all’importanza e il valore di ciò che realizzate, sia normale essere affascinati e stimolati.
Il tuo è un autentico diario di bordo, scorrevole ed interessante, da leggere tutto d’un fiato.
Spero che possa servire a giovani leve, studenti ricercatori, come stimolo per un indirizzo di studio e ricerca lavorativa.
Complimenti anche per aver condito il tutto con immagini esaustive ricche di significato comunicativo.
La strada che stai percorrendo è sicuramente quella giusta.
Buon percorso e buona ricerca.
Grazie Amelia per questo breve tuffo in un lavoro così diverso dal mio e a me tanto sconosciuto. Istantanea e ‘ il nome giusto e rivela anche un fermo immagine di questo periodo storico tanto difficile.
Sarebbe bello poter avere notizie sugli esiti di laboratorio dei prelievi da voi fatti…ovviamente in parole semplici…per i non addetti.
Grazie mille e buonissime future missioni .
Cara Amelia, grazie mille per queste istantanee di viaggio e lavoro. Un lavoro molto diverso dal mio e a me totalmente sconosciuto.
Resta la voglia di sapere gli esiti di tutto questo impegno importante di raccolta dati. Ovviamente spiegato in modo semplice, per i non addetti…
Ti auguro che la biologica intelligenza della natura e le amicizie che arricchiscono queste esperienze lavorative e di vita ti accompagnino sempre, anche a riva.
Un abbraccio e un grazie di cuore per quello che fate.
molto bello quest’ultimo racconto e anche molto interessante per la descrizione delle attività, dettagliate ma accessibili anche a chi fa un altro mestiere. Coplimenti.
Mi piace molto lo stile comunicativo del racconto che mette insieme gli aspetti scientifici con la dimensione personale, di crescita, di riflessione e di osservazione del mondo. Sarebbe bello forse includere qualche disegno/schizzo a complemento delle foto… darebbero un tocco personale e di dettaglio scientifico, alla maniera delle prime spedizioni scientifiche di Darwin e Humboldt… e che poi potrebbero anche venire esposti ad una mostra itinerante.
Un bellissimo lavoro, il testo è appassionante, delicato, a tratti toccante. Restituisce il senso di un processo scientifico anche tecnico ma immerso nella vita, in senso metaforico e letterale. Indaga nello stile e nei contenuti la possibilità di rendere evidente la porosità tra il mondo interiore di chi fa ricerca e il mondo esterno che la ospita. Gli elementi, acqua, aria, lo spirito dei fiumi e del mare che si incontrano, e quello delle nostre città, sopite dalla pandemia. Le persone che convivono, collaborano e le creature che insieme a noi abitano questi mondi. Le immagini sono molto preziose, e si potrebbe intrecciarle con altre forme, brevi video, disegni. Il lavoro è denso di significato e mi ha fatto venire in mente il progetto Cape Farewell, nato vent’anni fa, nel quale si imbarcano artisti, scienziati e educatori in spedizioni di monitoraggio ambientale sul cambiamento climatico https://www.capefarewell.com/ .
Bravi. Lavoro molto particolare, che come tutti i lavori di squadra ha bisogno di sinergia tra di voi ma anche di specificità di ogni singola persona. Il mare poi crea quella atmosfera che, come per la montagna, ti mette di fronte una natura gigantesca. Belle le spiegazioni dei vari passaggi. Mi è piaciuto molto la geniale ed estrema semplicità del Disco di Secchi, che fa della vista umana il rapporto di misura con la trasparenza dell’ acqua.
Avanti tutta !!!
Ciao Amelia, complimenti, la narrazione è leggera e coinvolgente e si ha la sensazione di entrare nel viaggio.
Quest’ultimo diario è più dettagliato e ricco di immagini, sensazioni, informazioni tecniche.
Onestamente non mi vengono in mente suggerimenti aggiuntivi a quelli già letti nei vari commenti, concordo che l’inserimento di link per le parole che descrivono tecniche particolari o strumenti può essere un interessante approfondimento, specie se permettono di accedere a risorse che ne spiegano le finalità e l’utilizzo o magari a brevi video ripresi direttamente dalla vostra esperienza.
Aggiungo qui un ulteriore commento su come questo tipo di esperienza (una situazione di full immersion a contatto diretto con il “soggetto” studiato e in una condizione di condivisione/convivenza con altre persone), possa essere una “formula” molto adatta per momenti formativi e/o di ricerca allargati, di varia natura, magari concepiti in modo transdisciplinare (due artisti a bordo ci sarebbero stati bene 😀 ). Concludo chiedendo se questa ricerca è giunta ad una sintesi finale, una formalizzazione di qualche tipo, per comunicare gli esiti dell’interessante ricerca.